Corte cost.: definitivamente confermata la legittimita' delle societa' di ingegneria in ambito privato

21/11/2024

La Corte costituzionale, con l'allegata sentenza n. 184 del 21 novembre 2024, ha confermato la legittimità della L. n. 124/2017 che aveva affermato la validità dei contratti stipulati dalle società di ingegneria con committenti privati, così risolvendo la problematica nascente dalla circostanza che la Legge Bersani del 1996, che aveva abrogato il divieto di svolgere attività professionali in forma di società di capitali, prevedeva l'adozione di un regolamento che tuttavia non è mai stato adottato.

La questione era stata sottoposta al vaglio della Consulta dalla Corte d'appello de L'Aquila, nell'ambito di un giudizio nel quale un Condominio committente aveva eccepito la nullità della cessione, da parte di un professionista in favore di una società di ingegneria, di un contratto avente ad oggetto attività propedeutiche all'ottenimento di un contributo pubblico per la riparazione dell'edificio condominiale, per contrasto con il divieto di svolgere l'attività professionale nelle forme delle società commerciali ai sensi della L. n. 1815/1939. Secondo il Condominio, infatti, il divieto era venuto meno solo con la L. n. 183/2011, successiva alla cessione del contratto avvenuta nel 2009.

La Corte d'appello de L'Aquila aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 148 e 149 della L. n. 124/2017 per violazione degli artt. 3, 24 e 41, commi 2 e 3 della Costituzione, sostenendo che tale norma doveva ritenersi una sorta di "convalida o sanatoria" retroattiva di contratti altrimenti nulli, non potendo qualificarsi come norme di interpretazione autentica rispondenti a un interesse pubblico prioritario per carenza dei presupposti necessari a renderla compatibile con il principio di ragionevolezza.

Inoltre, secondo il giudice a quo, tale norma comporterebbe una disparità di trattamento tra le società di ingegneria e le altre società di professionisti, nonché tra le prime e le società di ingegneria nella forma di società di persone.

La Corte costituzionale ha dapprima ripercorso l'evoluzione della normativa applicabile:

  • art. 2 della L. n. 1815/1939, che vietava ai soggetti diversi dagli studi professionali e dalle società di persone (che ai sensi dell'art. 1 non potevano svolgere attività professionale ma mere attività strumentali) di costituire società o enti con lo scopo di fornire prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, da cui discendeva la nullità dei contratti d'opera intellettuale stipulati con le predette società;
  • art. 13 della L. n. 183/1976, che riconosceva alle società di ingegneria - sotto forma di commercial e di consulting engineering - la possibilità di concludere contratti non aventi ad oggetto opere di progettazione di ingegneria civile rientranti interamente nell'attività professionale tipica dell'ingegnere;
  • art. 17 della L. n. 109/1994, che consentiva l'esercizio dell'attività professionale da parte delle società di ingegneria sotto forma di società di capitali o cooperative, stipulando contratti con la P.A. e che abrogava il divieto posto dall'art. 2 della L. n. 1815/1939;
  • art. 24, comma 1 della L. n. 266/1997, che ha abrogato l'art. 2 della L. n. 1815/1939 eliminando in generale il divieto di costituire società professionali e di esercitare l'attività professionale nelle forme delle società di persone, di capitali e cooperative, rimettendo ad apposito regolamento (mai adottato) il compito di fissare i requisiti per l'esercizio delle predette attività;
  • art. 10, comma 11 della L. n. 183/2011, che ha definitivamente abrogato la L. n. 1815/1939, regolamentando al contempo la costituzione delle società di professionisti e disciplinando tale forma di attività;
  • art. 1, comma 148 della L. n. 124/2017, che dichiara validi i rapporti contrattuali intercorsi, dalla data di entrata in vigore della legge stessa, tra privati e società di ingegneria costituite nella forma di società di capitali e cooperative;
  • art. 1, comma 149 della L. n. 124/2017, che abroga l'art. 24, comma 2 della L. n. 266/1997, che demandava ad un decreto ministeriale la regolamentazione dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale da parte di società di professionisti.

La Consulta, alla luce di tale quadro normativo, ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, precisando che l'art. 1, commi 148 e 149 della L. 124/2017 non hanno efficacia retroattiva: il comma 148, secondo periodo si riferisce infatti ai contratti conclusi dopo l'entrata in vigore della stessa L. n. 124, laddove il comma 149 abroga ex nunc l'art. 24, comma 2 della L. 266/1997, rispondendo all'esigenza di evitare la tardiva emanazione del regolamento mai adottato che, quale fonte secondaria, si sovrapporrebbe con il comma 148.

Il primo periodo dell'art. 148 ha invece i tratti della norma di interpretazione autentica, riportando testualmente l'espressione "in applicazione dell'art. 24, comma 1" e così essendo confermato nei lavori preparatori della legge stessa.

Secondo la Consulta, l'art. 24 citato dava adito a incertezze normative, atteso che richiamava un decreto ministeriale mai adottato che fissasse i requisiti per l'esercizio dell'attività professionale da parte delle società di capitali e cooperative. Tuttavia, per le società di ingegneria sussisteva una disciplina dei requisiti a livello settoriale (la L. n. 109/1994, poi ripresa nei vari codici dei contratti pubblici), ancorché nel solo ambito dei contratti con la P.A.

Tra l'art. 1, comma 148, primo periodo della L. 124/2017 e l'art. 24 della L. 266/1997 si creava pertanto un "rapporto duale" per cui il sopravvenire della norma interpretativa non faceva venire meno né sostituiva la norma interpretata, ma esse dovevano intendersi come precetto normativo unitario.

Relativamente a tale norma, la Corte costituzionale ha ritenuto "non irragionevole" (e dunque coerente con l'art. 3 della Costituzione) la scelta del legislatore di preferire un'interpretazione dell'art. 24 della L. 266/1997 volta a preservare l'ambito di vincolatività della stessa, che risulterebbe svuotato a causa della mancata adozione del regolamento, essendo pertanto l'art. 1, comma 148, primo periodo volto a correggere un'imperfezione del dato normativo.

Per le medesime ragioni, la norma interpretativa non risulta in contrasto neppure con l'art. 41 della Costituzione, che riconosce e legittima l'iniziativa economica privata, essendo coerente con il corretto esercizio delle professioni intellettuali dal momento che si riferisce a soggetti - le società di ingegneria - la cui attività professionale era già regolamentata e garantendo la qualificazione professionale e la responsabilità personale del professionista.

Infine, la Consulta ha ritenuto che la norma in esame non viola neppure il diritto di tutela giurisdizionale di cui all'art. 24 della Costituzione, atteso che il diritto ad agire in giudizio sorge successivamente alla sussistenza del diritto sul piano sostanziale, sicché non può ritenersi leso in ragione della portata più o meno favorevole della disciplina sostanziale.

Per tali ragioni, la Corte costituzionale ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate e ha confermato la legittimità e la validità dei contratti stipulati tra società di ingegneria e committenti privati anche prima della L. n. 124/2017. (S.S.)

- Comunicato stampa diramato oggi

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